1) per una legge nazionale che definisca diritti e tutele per i Caregiver Familiari
La lunga battaglia di CONFAD, che si è svolta anche con iniziative significative come il Ricorso all’ Onu e la Petizione al Parlamento Europeo, ha portato il Parlamento Italiano ad avviare finalmente l’attività legislativa in favore dei Caregiver Familiari. I Caregiver Familiari sono stati riconosciuti, dopo una battaglia durata anni, dalla legge 205/2017, art.1, co. 255: PERSONE CHE SI PRENDONO CURA IN MODO CONTINUATIVO DI UN PROPRIO FAMILIARE NON AUTOSUFFICIENTE IN AMBITO DOMESTICO. Queste persone vivono in una condizione di abnegazione totale, che compromette i loro diritti umani fondamentali (salute, riposo, vita sociale, realizzazione personale). L’ impegno costante e prolungato nel tempo può metterne a dura prova l’equilibrio psicofisico ma anche dell’intero nucleo familiare in cui è inserito, tanto da ridurne le aspettative di vita fino a 17 anni, come scientificamente dimostrato dal premio Nobel 2009 per la medicina. I diritti del caregiver familiari sono diversi e distinti dai diritti del disabile che assiste. Il caregiver NON è un volontario e nemmeno un/una badante.
COSA RESTA DA FARE? ANCORA MOLTO!
E’ indispensabile l’ approvazione di una legge nazionale che si occupi di formulare le corrette modalità attuative del fondo previsto dalla legge di bilancio 2018, e, aggiungiamo, che debba essere ulteriormente finanziata in modo adeguato per affermare questi elementi fondamentali:
- indicare precisi criteri di riconoscimento (assistenza continuativa e prolungata, non autosufficienza della persona assistita)
- prevedere contributi figurativi ai fini pensionistici, con possibilità di cumulo con i contributi relativi all’ attività lavorativa precedentemente prestata; possibilità di accesso alla pensione dopo 30 anni di contributi sia per i caregiver che non hanno mai potuto svolgere alcuna attività lavorativa a causa del carico assistenziale di caregiving, che per quelli che hanno dovuto abbandonare parzialmente o totalmente l’ attività lavorativa, indipendentemente dall’ età anagrafica; equiparazione del caregiver familiare alle categorie usuranti
- garantire un accesso prioritario agli sportelli ai caregiver familiari che svolgono pratiche amministrative per conto delle persone con disabilità che assistono, e la domiciliarizzazione delle visite specialistiche in caso di difficoltà di spostamento dell’ assistito
- copertura assicurativa a carico dello Stato con il rimborso delle spese sostenute per sopperire alla vacanza assistenziale nei periodi di malattia o nei quali il caregiver familiare è impossibilitato ad assistere il proprio familiare (riconoscimento malattie professionali)
- sviluppare politiche attive per Il lavoro: inclusione lavorativa o rioccupazione del caregiver familiari che assistono persone con disabiltà, favorendo e incentivando il telelavoro e il lavoro agile, conciliazione attività di assistenza e attività lavorativa
2) petizione al Parlamento Europeo sulle violazioni dei diritti umani dei Caregiver Familiare in Italia
Il 17 Settembre 2015, la Commissione Petizioni del Parlamento Europeo ha raccolto la denuncia delle violazioni dei diritti umani dei Caregiver Familiare in Italia. A rappresentare i bisogni e le istanze dei Caregiver Familiare italiani alla Commissione di Bruxelles con l’illustrazione della petizione, corredata da quasi 40.000 firme, M.Simona Bellini, allora presidente di CONFAD. Dopo l’intervento del nostro Presidente si è acceso un dibattito con diversi Europarlamentari a sostegno della petizione. In quel contesto è stato lampante come la realtà italiana sia scandalosamente unica nel suo genere: in tutti gli altri Stati Europei la figura del caregiver familiare è riconosciuta e tutelata da anni e, anche se con la recente crisi economica alcune nazioni sono state costrette a fare dei tagli nei servizi erogati a loro supporto, questi non sono però mai arrivati ad intaccare i diritti umani fondamentali come invece succede in Italia. Nessuna nazione Europea abbandona la persona non autosufficiente quasi totalmente alle cure ed all’assistenza della sua famiglia, eccetto l’ Italia! E la presa in carico globale da parte dello Stato della persona con disabilità, avviene sin dall’inizio e non solo quando non esiste più alcun familiare che se ne curi. La Commissione Petizioni ha così deciso di inviare al Governo italiano un sollecito per la soluzione positiva della vicenda.
Successivamente, siamo stati convocati a giugno 2018 per un aggiornamento della petizione. In questa occasione Cecilia Wikstrom, europarlamentare svedese e presidente della commissione petizioni ha così concluso la seduta: “…. la commissione si impegna a scrivere una lettera al nuovo ministro per la famiglia e per le persone con disabilità Fontana con la quale voglio chiedere personalmente come pensa di affrontare questa tematica perché non ci accontenteremo di vedere bei pezzi di carta, vogliamo delle evoluzioni efficaci e positive per quanto riguarda le condizioni di vita dei Caregiver Familiari …..” PIU’ CHIARO DI COSÌ !
Ad oggi la petizione è aperta, in attesa di riscontro da parte del Governo Italiano
3) ricorso all’ONU per i diritti delle persone e delle famiglie con disabilità
Nel 2015, dopo la Petizione al Parlamento Europeo, CONFAD ha presentato un ricorso al Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti delle Persone con Disabilità allo scopo di denunciare il mancato riconoscimento dei diritti dei Caregiver Familiari nell’ordinamento italiano.
Il ricorso si basa sull’assunto che la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006 e ratificata dall’Italia a seguito di autorizzazione disposta con legge n. 18 del 3 marzo 2009, possa offrire una solida base legale per rivendicare, a livello sovranazionale, il diritto dei Caregiver Familiari ad un’adeguata tutela sociale e giuridica da parte dello Stato italiano. La piena realizzazione dei diritti della persona disabile, che costituisce lo scopo principale della Convenzione, è infatti inestricabilmente legata alla qualità della vita della persona stessa e della sua famiglia. Gli Stati contraenti sono dunque chiamati a predisporre tutte le misure giuridiche necessarie e ad assicurare il rispetto degli obblighi convenzionali e dei diritti sanciti.
4) Ricorso collettivo nazionale contro il “Nuovo Isee”
L’assistenza fruita nell’ambiente di vita scelto dalla persona con disabilità negli anni è diventata scandalosamente un “optional” che lo Stato, attraverso le istituzioni locali, può anche non erogare, o erogare in modo insufficiente, se lo Stato stesso decide che non c’è “disponibilità di bilancio” per supportare tale assistenza. L’unica rete assistenziale di sostegno rimane, quindi, il nucleo famigliare che viene chiamato, attraverso l’ISEE, a contribuire/compartecipare anche alla spesa assistenziale erogata dalle istituzioni locali, oltre a dover naturalmente sostenere la comune tassazione generale. Con l’ISEE viene infatti preso in considerazione il reddito di tutta la famiglia ma da questo risulta totalmente escluso il riconoscimento del carico assistenziale sostenuto dalla stessa famiglia per la condizione di non autosufficienza della persona con disabilità, ossia il COME e QUANTA di quella ricchezza viene spesa a supporto alla disabilità, oltre alla paradossale decurtazione nel computo ISEE della quota richiesta per la compartecipazione ai servizi stessi. Nel 2013 il Governo Italiano ha riformato l’ISEE decidendo, in maniera svincolata dalla legislazione nazionale, di ricomprendere nel computo della ricchezza anche gli scarni supporti erogati dallo Stato alle persone con disabilità. Una norma vessatoria che ha peggiorato la condizione della persona con disabilità in Italia. Per attutire le proteste che dal mondo dell’associazionismo si sono levate, sono state introdotte le cosiddette “franchigie” che avrebbero dovuto, per la prima volta, valutare il carico assistenziale delle famiglie. In realtà tali franchigie non avevano per nulla lo scopo di valutare la spesa economica affrontata dalle famiglie nell’assistenza del proprio congiunto ma cercavano di abbattere, solo parzialmente, l’inclusione delle indennità (che non avrebbero proprio dovuto essere computate) che aumentavano artificialmente la ricchezza delle persone con disabilità e dei loro nuclei familiari, per compensare parzialmente l’evidente discriminazione rispetto alle famiglie senza componenti disabili. CONFAD ha promosso un ricorso per impugnare legalmente tale regolamento, ottenendo il riconoscimento da parte dei Tribunale Amministrativo della vessazione operata dallo Stato. Nella sentenza infatti è stato sottolineato «L’eccesso di potere per irragionevolezza e manifesta ingiustizia» . Il Governo Italiano ha presentato ricorso (!) al Consiglio di Stato (ultimo grado di giudizio) continuando a non applicare la sentenza che invece doveva essere immediatamente esecutiva e continuando così, per oltre due anni, a provocare enormi danni alla popolazione con disabilità. Il Consiglio di Stato ha nuovamente ribadito l’iniquità del provvedimento e quindi il Governo italiano, in maniera palesemente incostituzionale (in quanto i correttivi sono stati celati in un emendamento incluso in un Decreto urgente che non aveva alcuna attinenza con l’ISEE), peraltro estromettendo del tutto il confronto con le parti sociali, ha evitato anche il dibattito parlamentare in quanto sul provvedimento è stata posta la fiducia. Quindi è stata approvata una nuova norma, che elimina sì dal computo del reddito i supporti per la disabilità come previsto da una parte della Sentenza ma, nel contempo, disconoscendo completamente altri aspetti della Sentenza stessa, ha cancellato con un colpo di spugna le franchigie (che rappresentavano invece un aspetto equo) sostituendole con la vecchia formula della scala di equivalenza uguale per tutti, creando quindi maggiori penalizzazioni proprio per i nuclei familiari con un elevato carico assistenziale e con redditi più bassi, e applicando nuove discriminazioni soprattutto verso le famiglie con minorenni con disabilità. La battaglia di CONFAD contro l’iniquità dell’Isee non è quindi giunta al termine, prosegue infatti con il sostegno, insieme all’ADUC, di ricorsi in tutta Italia per il risarcimento dei danni patiti e con il processo per l’eccezione d’incostituzionalità di questa nuova legge e i successivi danni che creerà alle persone con disabilità e ai loro familiari.