Basta utilizzare la disabilità come insulto!
Anche il Consiglio Nazionale Ordine dei Giornalisti ha preso le distanze da Concita De Gregorio.
Condividiamo la dichiarazione ufficiale del Comitato per le Pari Opportunità del CNOG riguardo all’articolo di Concita De Gregorio comparso su Repubblica il 4 agosto 2023 “Il valore di un selfie” e la nota successiva in cui la giornalista finge, di fatto, le sue scuse “La morte del contesto”.
«La disabilità utilizzata come insulto, per commentare un episodio di cronaca che nulla a che vedere con la disabilità stessa. Le polemiche scatenate dal commento di Concita De Gregorio (“Il valore di un selfie”, La Repubblica del 4 agosto 2023) confermano quanto l’abilismo sia ancora profondamente radicato nella nostra cultura, nonostante la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, sottoscritta dall’Italia nel 2007, abbia da tempo spostato il focus dall’ambito clinico-patologico a quello dei diritti umani, tracciando un percorso virtuoso di pari opportunità e dignità. Il contesto e l’abuso del politicamente corretto, a cui fa riferimento De Gregorio all’indomani della sua infelice uscita, nella nota con cui chiede “sommessamente scusa”, non hanno nulla a che vedere con la vicenda, ma appaiono ancora una volta fuorvianti e strumentali. Fra l’altro la collega fa ricorso a termini come “normodotati” ed “handicap” che da molto tempo non appartengono al linguaggio giuridico e internazionale. Non si tratta di sfumature semantiche, ma del minimo che un giornalista informato dovrebbe sapere, perché sono lo specchio di una cultura discriminatoria e anti-inclusiva. Le parole sono contenitori, ricordava nel 2014 il compianto Franco Bomprezzi, nella sua vita spesa contro i pregiudizi. Dentro c’è la vita, ci sono le persone, con la loro dignità.»
Il Comitato per le Pari Opportunità del CNOG, inoltre, non è la prima volta che esprime disappunto nei confronti di un linguaggio non rispettoso della dignità delle persone con disabilità.
Già in passato aveva invitato i colleghi giornalisti a utilizzare le PAROLE GIUSTE, ravvisando la necessità di documentarsi in maniera opportuna per divulgare un’informazione corretta attraverso l’uso di un’adeguata terminologia. Perché le parole sono importanti (ricordava in un noto film Nanni Moretti) e per chi ha scelto di fare il mestiere di giornalista dovrebbero esserlo ancora di più, poiché sono lo strumento stesso del proprio lavoro.
La vicenda, ampiamente commentata e dibattuta, è segno evidente di quanto lo stigma nei confronti della disabilità sia ancora diffuso e profondo nella nostra società, parte di un retaggio culturale talmente radicato da non essere riconosciuto come tale nemmeno da parte di chi dovrebbe, per mestiere, “veicolare cultura” per abbattere pregiudizi, isolamento e discriminazione.
Insomma, la strada verso una società civile e inclusiva che riconosca pari dignità a tutti, nell’unicità che ogni singola persona rappresenta, è ancora molto lunga e tutta in salita…