22 Marzo 2025

Emendamento della Sen. Maria Cristina Cantù (Proposta di modifica n. 13.0.400) al Ddl 1241
L’emendamento della Sen. Maria Cristina Cantù (Proposta di modifica n. 13.0.400) al Ddl 1241 “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria”, approvato in commissione Affari Sociali del Senato lo scorso 6 marzo, intende definire la separazione delle spese socio-assistenziali di rilievo sanitario dalle spese sanitarie, scorporandole dal budget della Sanità pubblica. Per intenderci, si tratta di tutte quelle prestazioni della persona bisognosa di cura e assistenza (come l’igiene personale, la vestizione, la nutrizione, la mobilizzazione) non di carattere prettamente sanitarie ma che per molte persone con una patologia e/o disabilità grave/gravissima sono da ritenersi indissolubilmente connesse con queste, di conseguenza inscindibili da esse.
Esprimiamo la nostra forte contrarietà nei confronti dell’emendamento e avanziamo seri dubbi sulla legittimità della norma, che rischia di abbassare i livelli di tutela sanitaria e ampliare le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sociosanitari.
Esiste il timore più che fondato che vi saranno enormi ricadute negative sulla qualità della vita di queste persone. Senza entrare in tecnicismi che sarebbe difficile approfondire in questa sede e che fuorvierebbero il focus della questione, ci interessa sottolineare il dato imprescindibile che, a nostro parere, permea lo spirito della proposta:
- è anticostituzionale
- in contrasto con quanto previsto dai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza)
- ignora la “Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità”
- rende problematica la realizzazione del Decreto legislativo n. 62/2024 in materia di disabilità
L’emendamento, con l’introduzione della restrizione degli oneri sanitari che impone che siano a carico del Fondo Sanitario Nazionale solo le attività strettamente sanitarie, si pone in rotta di collisione con il principio della presa in carico globale della persona, secondo una visione integrata dei suoi bisogni, e dunque socio-sanitaria, riconoscendo per i pazienti non autosufficienti la valenza imprescindibile del nesso funzionale tra l’assistenza sanitaria e quella socio-assistenziale. Di fatto, da una parte significa che al paziente non è garantita la valutazione reale della sua condizione e, dall’altra, che gli oneri dell’assistenza della persona graverebbero sulla famiglia.
Riassumiamo, in un’ottica di tutela effettiva.
- Non sarebbe più garantito il diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione.
Ricordiamo gli artt.:
«Art. 2. – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
«Art. 3. – Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
«Art. 32. – La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti».
- La ridefinizione in termini restrittivi dell’onere sanitario avrebbe come conseguenza un arretramento del perimetro di tutela assicurato attualmente dai Livelli Essenziali di Assistenza. La riduzione di tali prestazioni sarebbe in contrasto con la giurisprudenza consolidata che invece riconosce pienamente l’integrazione tra assistenza sanitaria e socio-assistenziale. L’approvazione definitiva dell’emendamento avrebbe due importanti conseguenze: lo spostamento degli oneri verso gli enti locali con costi maggiori per le famiglie e il mancato diritto all’accesso alle cure secondo il principio di universalità del Sistema Sanitario Nazionale per le persone non autosufficienti.
- L’emendamento non aderisce alle intenzioni della “Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità” che, ricordiamo, all’art. 1 sancisce di “promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità”.
- Tale frammentazione degli oneri avrebbe un impatto negativo, dunque, anche sulla definizione del budget del Progetto di vita indipendente, così come lo intende il Decreto legislativo n. 62/2024 in materia di disabilità, che risulterebbe ancora più aleatoria di quanto non sia già attualmente.
Inoltre, la retroattività della norma violerebbe principi costituzionali come uguaglianza, certezza del diritto e tutela giurisdizionale, creando disparità tra chi ha già ottenuto sentenze favorevoli e chi ha procedimenti in corso.
La salute e la tutela sociosanitaria delle persone con disabilità non autosufficienti non possono essere messe in discussione con interventi normativi parziali e poco chiari, per non dire pericolosamente tesi a scaricare sulle famiglie ulteriori oneri economici. Un vero e proprio pasticcio: riteniamo indispensabile che vi si ponga rimedio quanto prima.

Alessandro Chiarini
Presidente CONFAD
